C’è modo e modo di vivere la tradizione.
Di solito, un’eredità come quella di una famiglia di vignaioli, una cantina storica nel territorio, genera pressione e vincoli oppure uno scatto di ribellione.
Nel caso di Marca di San Michele (Cupramontana), invece, la tradizione viene vissuta in tutt’altro modo: con eleganza, direi.
Eleganza: un concetto che tornerà più volte, chiacchierando con Alessandro Bonci, titolare della cantina insieme alla sorella … ed a Daniela … .
La tradizione diventa, così, faccenda di cuore, quando Alessandro racconta delle campagne di San Michele a cui sono da sempre affezionati, con quella quercia che fa da angelo custode al vigneto; o che la cantina dove ora vinificano è quella storica di suo nonno, ancora con gli attrezzi di una volta, le botole delle vecchie botti, le insegne coi vecchi nomi; o che ci tengono a mantenere la DOC, per cui lo stesso nonno si era speso tanto, ai suoi tempi.
E’ faccenda di studio ed osservazione, la tradizione, quando nel …, partendo dai terreni della vecchia cantina, hanno selezionato con grande cura i vigneti, con esposizione, ventilazione e suolo ottimali (in perfetto equilibrio anche alle analisi chimiche: una specie di miracolo!).
Ed è infine una questione di lungimiranza nella precisa idea di come debba essere il loro vino, testimoniata anche dalla meravigliosa evoluzione nel tempo del loro PassoLento (il cui nome dice tutto).
Idea precisa, sì, che però non esclude mai sperimentazioni di vario genere e rischio di fare poche bottiglie nelle annate meno generose.
Ne deriva una grande caratterizzazione – ben descritta dai nomi dei vini, formati da parole composte, ancora prova di grande grande cura – legata ad ogni singola parcella, tanto da arrivare a definire Cru alcuni vigneti.
E ne deriva, come dicevamo, una grande eleganza del vino.
Andando oltre la sola tradizione, in Marca di San Michele trovi invece il futuro: tanta attenzione alla filiera etica e al discorso politico che c’è dietro la produzione agricola, al rispetto del suolo (conduzione biologica e biodinamica, ma senza esagerazioni ed ortodossia), all’impatto sulla comunità (non dimenticano mai di lasciare un po’ di vino da destinare allo sfuso, “per mia mamma e per il paese” dirà Alessandro).
Segno che per La Marca di San Michele fare vino è soprattutto un mezzo per arrivare alle persone, per godere della vita, per stare bene insieme.
E noi siamo assolutamente d’accordo.
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